Con atto di intimazione di sfratto per morosità e citazione per la convalida, Tizio conveniva Caio avanti il Tribunale di Varese, deducendo di avere concesso in locazione al conduttore il proprio appartamento simulando l’entità del canone in € 87,83 mensili ma che, sin dalla scadenza del primo termine di pagamento, parte convenuta aveva sempre corrisposto il corrispettivo di € 400,00.
Precisava l’intimante che la simulazione era stata accertata dalla Guardia di Finanza che, presumibilmente su denuncia del conduttore convenuto, aveva promosso a carico della proprietà un accertamento tributario da cui era scaturito – già settimane prima della notificazione dell’intimazione di sfratto – verbale di contestazione.
Riteneva l’intimante che il verbale, nel particolare contesto delle dichiarazioni rese dall’inquilino moroso (di natura confessoria in parte de qua) – costituisse prova scritta, con facoltà di richiedere l’accertamento della morosità e la convalida tramite procedimento ex art. 657 c.p.c. ss. piuttosto che ex art. 447 bis c.p.c.
Si costituiva l’intimato opponendosi alla convalida e chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’intimante alla ripetizione della differenza tra quanto effettivamente corrisposto e quanto compendiato in contratto per un totale di € 9.900,00 ma domandando in subordine termine di grazia ex art. 55 L.392/1978.
All’udienza per la convalida, il Giudice dichiarava inammissibile la domanda formulata in via subordinata da parte convenuta, ritenendo l’opposizione principale incompatibile con la richiesta di termine e dovendo di conseguenza emettere provvedimento di mutamento del rito.
Rinviata poi in pendenza di trattative e ritenuta infine matura per la decisione, il Giudice tratteneva la causa a sentenza, accogliendo – con buona soddisfazione del sottoscritto procuratore – la domanda di parte intimante per i motivi di diritto che scendo qui di seguito brevemente ad illustrare.
Il rapporto contrattuale é ascrivibile alla fattispecie della simulazione relativa (sul prezzo) e, tra le Parti, ha effetto l’obbligazione dissimulata, avendo parte conduttrice ammesso, riconosciuto e non contestato nelle dichiarazioni rese alla G.d.F di avere concordato con la Proprietà – e successivamente corrisposto a far data dalla prima scadenza contrattuale – la somma di € 400,00 al mese.
Parte conduttrice eccepisce l’infondatezza della richiesta di pagamento del canone dissimulato, sotto il duplice presupposto a) dell’applicabilità al caso in esame dell’art. 13, commi 1 e 2 della Legge 431/1998 che derogherebbe alla disciplina codicistica relativa alla simulazione e b) della violazione dell’art. 1414 c.c., non rivestendo il patto dissimulato la forma scritta.
Per quanto all’eccezione di nullità per violazione dell’art. 13 L.431/1998, deve osservarsi che la Giurisprudenza ha ritenuto l’applicazione di detta norma limitata ai patti intervenuti nel corso del rapporto, che contemplino maggiorazioni del canone; diversamente, nel caso di stipulazione di contratto scritto e registrato, cui si accompagni la contestuale controdichiarazione – con la quale si conviene un canone superiore a quello che risulta dal contratto originario – si applicano le norme del codice civile sulla simulazione e non già quella richiamata dalla difesa dell’intimato.[1]
In merito, quanto alla fattispecie in esame, si ricorda che, nell’ambito delle operazioni della G.d.F., parte conduttrice ha dichiarato di avere sempre – e quindi sin dall’inizio del rapporto locatizio – corrisposto a parte locatrice la somma di € 400,00.
Quanto alla natura della simulazione, trattasi, pacificamente, di fattispecie di “simulazione relativa oggettiva”, poiché le Parti hanno inteso un rapporto diverso da quello simulato e lo hanno voluto difforme quanto alla misura della controprestazione.
Non controverso è pure che “Nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo il contratto né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. (omissis)”[2]
Quanto alla natura della c.d. controdichiarazione, la dottrina, in conformità all’orientamento giurisprudenziale, propende per la natura di “dichiarazione di scienza” a contenuto attestativo della controdichiarazione; essa non costituisce elemento essenziale della simulazione ma mero atto di scienza a valenza probatoria, predisposto dalle Parti a garanzia delle proprie rispettive posizioni giuridiche sostanziali.
Quanto alla valenza meramente probatoria della controdichiarazione e alla sua natura meramente ricognitiva – e di reciproca garanzia per le Parti , si é ritenuto[3] che “Qualora il venditore di un immobile agisca contro l’acquirente, per far valere un accordo (sottostante) circa la determinazione del prezzo secondo criteri diversi da quelli fissati nel contratto scritto (nella specie, versamento di una somma inferiore a quella indicata nel contratto, ma successiva integrazione di essa con percentuali sui ricavi di costruende abitazioni), deve escludersi l’operatività delle limitazioni poste dall’art. 1414 secondo comma c. c., con riguardo al caso in cui le parti abbiano concluso un negozio diverso da quello apparente, atteso che il suddetto accordo configura un’ipotesi di simulazione inerente solo al contenuto della singola clausola, rispetto alla quale non sussiste un’esigenza di forma scritta del patto dissimulato, gia` assolta dal documento di cui si assume la simulazione (limitatamente alla clausola medesima). (Nella specie la suprema corte ha anche ritenuto che era rimasto superato il limite della relativa prova testimoniale ex art. 2723 c. c. per il venir meno del contenuto simulato del contratto scritto a seguito della concorde ammissione della sua simulazione da parte dei contraenti).
E’ documentale che, nel contesto delle dichiarazioni rese agli Agenti della G.d.F., le Parti abbiano concordemente ammesso la simulazione.
Al di là di ogni commento di natura strettamente giuridica, non può sfuggire che, nel denunciare il proprio locatore, parte conduttrice si sia prosaicamente “data la zappa sui piedi”, dal momento che ha ammesso a verbale di avere sempre (sin dalla prima scadenza) corrisposto un canone superiore a quello dichiarato, precludendosi così la facoltà di richiedere la ripetizione della differenza.
se ci fossero in circolazione chiarimenti così efficaci no si farebbero certe sciocchezze……………
La ringrazio dell'apprezzamento e mi scuso per non avere risposto al quesito relativo al criterio da adottare – in regime di abrogazione della Tariffa Forense – per valutare la congruità della parcella dell'avvocato.Devo in merito osservare che la questione é in continua evoluzione ma che, per Legge, l'Organo chiamato ad esprimere valutazioni di questo genere é il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati cui appartiene il Legale.Le preciso sin da ora che, essendo stata abrogata la Tariffa, il Consiglio non dispone più di un parametro cui raffrontare la nota del Professionista e che, in difetto d’indicazioni normative, é assai verosimile che – come statuito di recente dai Giudici quanto al calcolo delle spese di soccombenza – il Consiglio si rifaccia in via consuetudinaria ai criteri adottati in precedenza (sempre tabellari).